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Rimini, bimbi negati alla mamma: due assistenti sociali a processo. Gli avvocati
Per tre anni una donna di origine rumena in Italia da poco più di dieci anni e che da tempo vive a Rimini non ha potuto vedere i suoi figli, un bimbo e una bimba, dopo l’affido ai servizi sociali. Per la Procura di Rimini due dirigenti di Ausl Romagna - una del servizio Tutela minori e l’altra del servizio sociale responsabilità genitoriale - dovranno rispondere del reato di «mancata esecuzione dolosa di un ordine del giudice» perché ritenute responsabili di una separazione di fatto forzata dei piccoli dalla loro madre e la responsabile del Servizio tutela minori è inoltre accusata di diffamazione nei confronti della coppia a cui i due piccoli erano stati dati in affido. In sostanza – questo è il nocciolo dell’accusa formulata dal pm Davide Ercolani – le due dirigenti rinviate a giudizio avrebbero disposto di loro iniziativa la totale interruzione dei rapporti tra la madre e i figli dopo aver compilato una relazione fatta pervenire al Tribunale in cui – contrariamente al vero – la donna veniva delineata come «non adatta» a incontrare i figli.
La vicenda e la denuncia
La giovane era arrivata dall’Italia in Romania agli inizi dello scorso decennio con il figlio di circa 2 anni, mentre era incinta della seconda figlia. Era stata accolta in una struttura protetta dove rimase per due anni, poi la stessa associazione cattolica che gestiva la struttura ha segnalato la situazione ai servizi sociali per tutelare sia lei che i figlioletti. Nel 2013 e nel 2014 sono stati tutti presi in carico dai servizi sociali e i figli affidati a una coppia. Nel 2015 le due dirigenti decisero di sospendere gli incontri vigilati tra i piccoli e la madre naturale accusandola di non aver seguito le loro prescrizioni. Per le due assistenti sociali la madre non era adatta a incontrare i piccoli e a rafforzare la loro tesi era stata la genesi di una denuncia per maltrattamenti in famiglia arrivata dagli stessi servizi sociali. Nel 2016, tuttavia la denuncia viene archiviata dalla Procura di Rimini perché il fatto di base non sussisteva. La denuncia era partita dopo una relazione di un pediatra che secondo cui la madre durante i loro incontri li aveva accompagnati a vedere «uno spettacolo di uomini nudi». L’accusa fu però presto archiviata, il presunto spettacolo osceno – si scoprì - non era nient’altro che uno spettacolo di un gruppo di ballerini brasiliani di samba, non vietato ai minori e ai bambini.
L’origine dell’accusa
Ma da quale episodio deriva l’accusa? Dopo la collocazione dei bambini presso una famiglia affidataria decisa a loro discrezione dalle dirigenti, gli affidatari riferivano che i bambini piangevano e il maschietto aveva reazioni psicosomatiche, perché volevano tornare dalla loro mamma. Le dirigenti hanno così deciso di sospendere gli incontri relazionando al Tribunale che il loro disagio era dovuto ai comportamenti della madre. «In corrispondenza degli incontri vigilati – si legge - con i figli, provocava loro, soprattutto (nel maschietto) manifestazioni di disagio, quali disordine alimentare, rifiuto del cibo, enuresi notturne, digrignamento dei denti, incubi». Nella relazione si legge che i comportamenti dei piccoli erano dovuti all’atteggiamento della loro madre, ma per la Procura non denotano altro se non una forte situazione di stress provocata dall’assenza del genitore naturale. Successivamente i bambini sono stati tolti anche agli affidatari e messi in un istituto. Da qui una loro denuncia da cui è scaturita l’indagine penale
Gli avvocati della mamma: «Bibbiano non è stato un caso isolato»
La giovane madre dei bimbi è difesa dagli avvocati Andrea e Salvatore Di Grazia, con la collaborazione del dottor Camillo Valgimigli, neuropsichiatra, mentre le due assistenti sociali dal legale Luca Ventaloro. Mentre quest’ultimo è convinto «dell’innocenza delle due clienti» gli avvocati Di Grazia richiamano quanto successo a Bibbiano. «Non si è ancora spenta l’eco di quel caso che ha visto alla sbarra psicologi e operatori sociali implicati in tanti casi di malagiustizia “minorile” a conclusione di una inchiesta condotta da pubblici ministeri e giudici coraggiosi. A Rimini c’è stata la conferma che Bibbiano non è stato un caso isolato ma un esempio di come non deve essere esercitato il potere da parte di psicologi, assistenti sociali incaricati della protezione dell’infanzia, ai quali i giudici troppo spesso prestano un acritico ossequio».